Patti di famiglia: un utile strumento per gestire il naturale avvicendamento generazionale alla guida delle Piccole e Medie Imprese – Ep. 20
Ep. 20 – Patti di famiglia
MCM Il podcast di diritto per le Piccole e Medie Imprese
Sei un imprenditore e ritieni sia giunto il fatidico momento del passaggio generazionale?
Con questa puntata di MCM Il Podcast di diritto per le Piccole e Medie Imprese vi spiegheremo come funzionano e quali vantaggi presentano i patti di famiglia, uno strumento pensato per l’imprenditore che voglia tramandare la propria azienda o le proprie partecipazioni ai suoi figli!
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Nella puntata di oggi vi presentiamo il bando Worth Partnership Project, finanziato da Cosme, e volto a creare sinergie nel mondo della moda e del design.
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Non hai voglia di ascoltare il podcast ma sei comunque interessato all’argomento?
Nessun problema! Qui sotto puoi trovare la trascrizione integrale (sebbene assolutamente non fedele) dell’episodio n. 20 – Patti di famiglia.
MJ – Bentornati a MCM Il podcast di diritto per le Piccole e Medie Imprese!
Questa puntata, come quelle che l’hanno preceduta, è stata pensata per offrire ai nostri ascoltatori uno strumento semplice, pratico e di facile consultazione che, senza utilizzare termini troppo tecnici, vi sia di aiuto nella gestione quotidiana della Vs. impresa.
Il nostro scopo è la diffusione della materia giuridica in modo comprensibile per rendere più facile approcciare e affrontare le tematiche di diritto in cui, nella vita imprenditoriale, ci si imbatte quotidianamente.
E’ per questo che, con cadenza quindicinale, vi proponiamo l’approfondimento di temi che riteniamo essere di interesse vuoi per la loro attualità vuoi per la loro diffusione.
Chi vi parla è Matteo Majocchi, avvocato del foro di Milano e titolare di MCM Studio Legale Associato Majocchi Cavajoni Molinari.
In questa puntata del podcast sono insieme al mio socio Matteo Molinari e vi parliamo dei patti di famiglia, introdotti in Italia nel 2006.
Vi invitiamo a contattarci, per qualsiasi domanda o dubbio, scrivendoci all’indirizzo e.mail podcast@studiolegalemcm.it. Sarà per noi un piacere darvi riscontro e approfondire ogni quesito.
Nell’apposita sezione podcast del nostro sito www.studiolegalemcm.it, potrete poi scaricare i materiali collegati a questa puntata!
Dopo avervi ricordato come funziona il nostro podcast, vi invito a rimanere con noi, perché ora affronteremo il tema dei patti di famiglia!
ML – Benvenuti a tutti i nostri ascoltatori.
Già tante altre volte ci siamo dedicati agli strumenti di diritto societario per cercare di introdurvi in modo chiaro e semplice ai meccanismi giuridici di funzionamento delle società.
Oggi, parlandovi dei patti di famiglia, ci avviciniamo al tema del cd. passaggio generazionale che può essere attuato con questa particolare specie di contratti.
In buona sostanza, il legislatore – accanto alle norme in tema di successione – ha inteso introdurre una specifica disciplina per l’imprenditore che voglia trasferire l’azienda o la propria partecipazione societaria ad uno o più discendenti.
Questa sintetica descrizione dei patti di famiglia potrebbe già sola suscitare dei dubbi: sappiamo infatti che la legge italiana, all’art. 458 c.c., vieta in modo espresso i cd. patti successori, ovvero quelle convenzioni con cui si va a disporre della propria successione.
L’art. 458 c.c., tuttavia, esclude espressamente i patti di famiglia, che – quindi – possono essere di buon grado inquadrati come un patto successorio legittimo, stipulato tra un imprenditore, da un lato, e i suoi discendenti, il coniuge e gli altri legittimari, dall’altro.
Con questi contratti lo stesso imprenditore trasferisce in vita l’azienda a uno o più suoi discendenti senza che il coniuge e gli altri legittimari possano, dopo la morte dell’imprenditore, rimettere in discussione il patto chiedendo la collazione o la riduzione delle disposizione testamentarie.
Come avrete capito da questa breve introduzione, diversi sono gli aspetti da trattare.
MJ – Nell’ottica di agevolare la comprensione di questo utile istituto, prendiamo il via dai soggetti coinvolti nel patto di famiglia, aiutandoci con la lettura della norma di riferimento, ovvero l’art. 768-bis, c.c.:
«È patto di famiglia il contratto con cui, compatibilmente con le disposizioni in materia di impresa familiare e nel rispetto delle differenti tipologie societarie, l’imprenditore trasferisce, in tutto o in parte, l’azienda, e il titolare di partecipazioni societarie trasferisce, in tutto o in parte, le proprie quote, ad uno o più discendenti».
Il soggetto chiave, come certamente avrete intuito, è l’imprenditore.
Sia che esso operi in forma individuale sia che sia titolare di una partecipazione nel capitale di una società, gli è data facoltà di trasmettere la propria azienda o la propria partecipazione a uno o più dei suoi discendenti.
La normativa, però, prevede che al patto partecipi tutta la famiglia dell’imprenditore. Stiamo parlando del coniuge e di tutti i soggetti che sarebbero legittimari se, al momento della firma del patto di famiglia, si aprisse la successione dell’imprenditore stesso.
Ricordo che i legittimari sono le persone alle quali la legge riserva una quota di eredità, ovvero:
-
Il coniuge,
-
I figli, e
-
gli ascendenti, nel caso in cui non vi siano figli.
Emerge, quindi, che si tratta di un contratto volto a ottenere il consenso di tutti i futuri eredi dell’imprenditore per evitare, come diremo più avanti, che sorgano contestazioni circa la ripartizione della futura eredità.
ML – Proprio così!
E, sempre per evitare contestazioni, il patto di famiglia deve prevedere un contrappeso a favore degli eredi che non siano assegnatari dell’azienda o della partecipazione societaria dell’imprenditore.
Penso che il caso di scuola sia quello dell’imprenditore che abbia due figli: uno dedito al lavoro iniziato dal padre e predestinato a portarne avanti l’attività, l’altro, scellerato, del tutto disinteressato a dare continuità all’impresa familiare.
È evidente che in questa situazione il nostro imprenditore non esiterebbe a far ricorso al patto di famiglia per destinare la propria azienda al figlio che, con ogni probabilità, già lavora con lui e avrebbe la conoscenza e la volontà di portarne degnamente avanti l’attività.
L’altro figlio, così come il coniuge, devono però essere salvaguardati!
È intuibile che un’azienda o una partecipazione possono avere un valore economico importante e, pertanto, si creerebbe uno squilibrio laddove solo uno dei futuri eredi potesse giovarsi di una disposizione a suo favore di tale portata.
La legge, per colmare questo latente squilibrio, stabilisce allora che l’assegnatario dell’azienda o della partecipazione, debba corrispondere agli altri soggetti che partecipano al patto una somma di denaro (o dei beni in natura) che sia pari alle quote che a loro spetterebbero in quanto legittimari.
Alternativamente, l’imprenditore potrà assegnare agli eredi non assegnatari dell’azienda dei beni – si pensi ad un immobile – di pari valore che soddisfi la loro quota di legittima (a cui hanno diritto per legge).
Ciò consente di tacitare all’origine possibili future contestazioni, tanto che una volta stipulato il contratto, le assegnazioni ricevute non possono essere oggetto di collazione o riduzione.
MJ – Abbiamo detto che il patto deve coinvolgere tutta la famiglia ciò perché esso deve prevedere che l’assegnatario dell’azienda o delle partecipazioni societarie, per bilanciare la disposizione attuata dall’imprenditore compensi gli altri futuri eredi e partecipanti al contratto con il pagamento di una somma pari al valore delle quote di legittima, salvo che i legittimari non vi rinuncino in tutto o in parte.
Ma come avviene la liquidazione ai legittimari? E, soprattutto, come deve essere determinata la somma ad essi dovuta?
Come abbiamo detto, la legge stabilisce una sorta di compensazione.
Il punto di partenza per la determinazione del valore è costituita, come è facile immaginare, dai beni attribuiti all’assegnatario, siano essi l’azienda o una partecipazione societaria, a seguito del patto. Rammentiamo che non hanno rilievo eventuali mutamenti di valore intervenuti successivamente.
Per stabilire il valore, sebbene la legge non lo preveda espressamente, è utile far eseguire una perizia dell’azienda o della partecipazione. Ciò consente di stabilire un valore fermo al quale fare riferimento in esecuzione del patto.
Un esempio può esserci utile.
Ipotizziamo che l’azienda che l’imprenditore vuole trasmettere con il patto di famiglia valga 600.000 euro.
La famiglia dell’imprenditore è composta, oltre che dallo stesso, dal coniuge e da un figlio.
In questo caso, il trasferimento potrebbe essere attuato anche senza alcun esborso da parte del figlio.
Ciò potrebbe avvenire, ad esempio, se il coniuge rinuncia alla propria quota, o, alternativamente, attraverso la liquidazione di 200.000 euro, corrispondenti ad 1/3, pari alla legittima cui il coniuge ha diritto.
Chiaramente, nell’ipotesi di liquidazione della quota, potremo andare ad inserire nel patto una clausola che stabilisca un pagamento in denaro, anche rateizzato, eventualmente corredato da garanzie.
Alternativamente, possiamo stabilire che la liquidazione avvenga in tutto o in parte anche mediante trasferimento di altri diritti (ad esempio i diritti su immobili). Come riflesso, ciò fa venir meno il sorgere di un’obbligazione di pagamento in denaro.
ML – È tutto chiarissimo.
Ma cosa succede se, invece, il discendente assegnatario dell’azienda o della partecipazione non ha il denaro per liquidare gli altri legittimari?
La situazione più frequente che possiamo incontrare è quella del figlio che non abbia i mezzi per pagare, mentre li ha il genitore/imprenditore che gli trasferisce la propria azienda.
Tuttavia la legge non stabilisce che sia l’assegnatario ad eseguire la liquidazione e ciò vuol dire che altri soggetti possono intervenire per aiutarlo!
Se, come abbiamo riferito prima, la dilazione del pagamento potrebbe essere una soluzione, anche se impegnativa, in quanto l’assegnatario potrebbe essere per lungo tempo soggetto ad un obbligo di pagamento, il ricorso ad un finanziamento potrebbe essere ancora più difficoltoso, visto il periodo storico in cui ci troviamo e considerate le garanzie richieste dagli istituti di credito.
In ultima analisi, l’imprenditore, previo accordo con gli altri partecipanti al patto, potrebbe liquidare egli stesso i propri discendenti non assegnatari.
Uso il condizionale perché sul punto non c’è un’espressa previsione di legge che autorizzi l’imprenditore a procedere in tal senso e, da più parti, soprattutto tra i notai, si è avanzata la richiesta di un intervento normativo che vuoti questa lacuna.
MJ – Vorrei, sul finale, fare anche un breve cenno ai vantaggi fiscali che portano i patti di famiglia.
In particolare, segnalo che la legge prevede un regime agevolato di non assoggettabilità all’imposta per i trasferimenti di aziende familiari, siano esse individuali o collettive, effettuati anche tramite i patti di famiglia a favore dei discendenti, che si impegnino a continuare l’attività nei successivi cinque anni.
Questo regime, in particolare, prevede:
-
l’esenzione dall’imposta di donazione;
-
l’esenzione dall’imposta di trascrizione per le formalità relative;
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l’esenzione dall’imposta catastale per le volture relative.